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giovedì 24 gennaio 2013

Pauline Ducruet a Vanity Fair: Assomiglio a me stessa

Puntuali, con l'arrivo del Festival del Circo di Montecarlo, le riviste europee scoprono che nel Principato non ci sono solo i Casiraghi, ma anche i Ducruet, i figli della principessa Stephanie e dell'ex marito Daniel Ducruet. E da un paio d'anni Pauline, la 18enne secondogenita della principessa, che curiosamente assomiglia più a zia Caroline che alla madre, deve pazientemente ricordare che no, lei non è l'anti-Charlotte e non assomiglia a nonna Grace ("Ho sempre voluto assomigliare a me stessa" dice, cercando di chiudere l'antipatico discorso dei paragoni).
Stavolta a non resistere allo charme della bella Pauline è l'edizione italiana di Vanity Fair, che la intervista in una suite dell'Hotel Murano, a Parigi. E' un'intervista che Pauline rilascia per ricordare che dal 2 febbraio torna a presiedere New Generation, la manifestazione, legata al Festival del Circo, che premia i giovani talenti circensi.
Il circo, si sa già da tempo, è una delle grandi passioni di Pauline, che ha vissuto, da bambina, con il circo Knie (sua madre era legata a Franz, il proprietario): "Per un bambino, vivere sotto il tendone è un sogno" spiega a Vanity Fair "Ci sono famiglie di tutte le nazionalità, si vive a contatto con animali magnifici, in una situazione di totale libertà. Non ci sono differenze di razza, religione o cultura, tutti sono uniti dalla stessa passione e da un obiettivo comune, quello di divertire la gente".
Il suo ricordo circense più bello è legato al nonno Ranieri, "quando arrivava Natale, sapevo che lo avrei visto e che saremmo andati insieme al circo. Era un rito che si ripeteva ogni anno, e ogni anno con la stessa eccitazione da parte mia. Tra noi scattava un feeling immediato quando cominciava a parlarmi di clown, di leoni, di cavalli… Mia madre mi racconta che faceva lo stesso con lei".
Pauline vive adesso a Parigi, dove studia moda, tiene in ordine la casa, così come le hanno insegnato i suoi genitori (si dichiara bravissima a stirare) e cerca di "appropriarsi" della vita culturale cittadina, negli spazi lasciati dallo studio.
La foto, dalla galleria fotografica di vanityfair.it